Quanto conosciamo davvero le nostre reali capacità?
E i nostri punti forti e deboli?
Le nostre attitudini e, soprattutto, le nostre qualità più intime?
Quali sono le risorse personali per ottenere i nostri obiettivi?
Come possiamo migliorare la qualità della nostra vita?
Adrienne Monnier, giornalista e poetessa
Hai mai osservato le persone sorseggiando un aperitivo all’Harry’s Bar? Oppure al chiosco sotto casa? Hai mai provato a camminare per le strade vuote di Red Hook? Oppure sul sentiero che porta al campetto da basket? Quali sono le tue esperienze di solitudine e di osservazione degli altri?
Attraverso scene e metafore cinematografiche insieme possiamo elaborare, capire che il mondo è più complesso o più semplice di quanto crediamo e, se lo vogliamo, possiamo innescare dei cambiamenti.
Ok direte voi, ma questo avviene?
Vediamolo attraverso il cinema.
Roger Ebert, critico cinematografico statunitense e premio Pulitzer

Paziente (Nanni Moretti): “Il medico mi dice che tutto dipende da me, il medico mi dice che devo collaborare, che mi devo sforzare di non grattarmi ….. tutto dipende da me …. e se dipende da me sono sicuro che non ce la farò!”
“A volte mi capita di identificarmi con il protagonista del film e con la sua paura di non farcela, di non riuscire ad affrontare tutto il percorso che dovrei intraprendere. Qualche volta indosso la maschera dolorosa del protagonista purtroppo non ho la sua ironia. Ciò nonostante le “maschere” si cambiano e le paure si vincono! Abbiamo tutti gli strumenti: ragionamento, empatia e parole sono per noi come le chiavi inglesi o i cacciavite per i meccanici nelle officine.”

“Francesco a volte a letto mi chiede troppo io entro in crisi, mi piace ma non mi sento libera di dirgli di no.”
La prima cosa da fare secondo me è rivalutare il desiderio, senza siamo morti. Secondo la scienza il desiderio crea uno stato emotivo che influenza il normale comportamento dei neuroni e questo è un bene, ma tu devi concentrarti su ciò che vuoi veramente, fantastica e appassionati, però sii conscia dei limiti che solo tu puoi darti.

In un frame il boss dice al suo “allievo” – lo vedi quello lì? Non diventerà mai Partner perché non basta lavorare tanto e bene, serve dell’altro, molto altro!
“Io al lavoro non rosico per niente, anzi. Non provo un senso d’invidia, né buona, né cattiva, penso piuttosto di assomigliare a un hikikomori che preferisce lo smart working all’ebbrezza della Holding.”
Qui il tema è ben chiaro: darsi valore. Non farsi fuori. Osare di più, il mantra del mio vecchio Capo: “poco se mi misuro, tanto se mi confronto”. Proviamo a lavorare sul “Perdono”, per-dono, farci il dono di perdonarci. Procediamo per piccoli passi ma soprattutto ascoltiamoci.”
Non deve essere un problema, parliamone. Mi è capitato di seguire persone anche pro bono però il counseling non è un Pronto Soccorso.
Acquisire consapevolezza è impegnativo. Io sono qui per questo, insieme stabiliremo la periodicità dei nostri incontri.
Possiamo lavorare insieme ovunque. A casa, al caffè, passeggiando, oppure on-line. L'importante è che l'ambiente favorisca il nostro impegno.
Le metafore del cinema sono le "assonanze" che più utilizzo nel mio lavoro (ho anche un Master in Cinematerapia®). Altre volte le persone si sentono più a loro agio svolgendo delle attività. Parliamone e vediamo in quale condizione lavoriamo meglio.
Woody Allen, Io e Annie, 1977
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